Il Festival internazionale “Soave sia il vento”, rassegna di musica antica alla sua prima edizione, si è aperto a Napoli con l’esecuzione della Iole di Nicola Antonio Porpora ospitata nell’elegante cornice di Palazzo Zevallos Stigliano. La serenata a tre voci è una vera primizia, riscoperta dal musicologo Carlo Vitali e presentata per la prima volta in tempi moderni. La genesi dell’opera rinvia a un interessante episodio di mecenatismo aristocratico. Il ventiseienne Porpora la compose per i festeggiamenti organizzati nel 1711 a Piedimonte d’Alife (oggi Piedimonte Matese, in provincia di Caserta) per solennizzare le nozze del conte Pascale Gaetani d’Aragona e della duchessina Marie-Magdaléne de Croy.
Il sontuoso corredo celebrativo che accompagnò l’evento fu ideato dalla madre dello sposo, Aurora Sanseverino, straordinaria figura di poetessa, protettrice di cantanti e compositori, animatrice di circoli letterari. Grazie alla ricchezza del consorte, il principe Nicola Gaetani dell’Aquila d’Aragona, e al proprio gusto raffinatissimo, Aurora propiziò la nascita di importanti creazioni musicali, tra le quali la serenata händeliana “Aci, Galatea e Polifemo”, commissionata nel 1708 per il matrimonio della nipote Beatrice Tocco di Montemiletto con Tolomeo Saverio Gallio duca d’Alvito e ripresa pure durante le celebrazioni del 1711. A stendere il testo poetico della “Iole” provvide Nicola Giuvo, segretario della Sanseverino e autore di numerosi altri libretti. Per l’occasione Giuvo manipola con disinvoltura le fonti classiche e tesse una storia di amore e gelosia nella quale i preziosismi della versificazione si intrecciano con gli ammonimenti morali. Su questa traccia Porpora stende una partitura ricca e complessa, dominata da un virtuosismo canoro che si spinge fino a esiti pirotecnici. Le arditezze, d’altra parte, erano destinate a cantanti d’eccezione: due castrati, Domenico Maria Tempesti e Giovanni Battista Rapaccioli, e il basso Antonio Manna.
Agli interpreti odierni che affrontano una scrittura così impegnativa sono richieste grande agilità e specifica perizia stilistica. Di entrambe le doti sono copiosamente forniti i tre cantanti esibitisi a Palazzo Zevallos, che hanno dato vita a un’esecuzione elegante ed emozionante. Il soprano Anna Carbonera ha mostrato sicurezza e fluidità nel governare l’impervia vocalità delle arie di Iole (tra queste, le notevolissime “In valli profonde” e “Usa tu l’armi d’Amore”) e non ha esitato a moltiplicarne le difficoltà nelle diminuzioni dei ‘da capo’, porte con gusto e senza ostentazione. Il contralto Teresa Iervolino, nei panni di Deianira, si è fatta apprezzare soprattutto per il bel timbro scuro e per la capacità espressiva, messa a frutto in particolare in “Se morrai, per me chi resta?”, pezzo chiuso in minore e in tempo lento che costituisce una delle pagine migliori dell’intera partitura. La prova forse più ardua è toccata al basso Iosu Yeregui; la parte di Ercole è infatti caratterizzata da curve mobilissime e picchi vertiginosi che pochi artisti accetterebbero di fronteggiare; la performance del cantante spagnolo è risultata complessivamente apprezzabile e hatoccato il culmine nell’aria “Ombre oscure e tenebrosi”, vero e proprio campionario di insidie vocali che impone continui cambi di registro, controllo dell’emissione e, nella sezione centrale, sicurezza nei passi d’agilità.
Porpora richiede virtuosismo e precisione anche all’orchestra; l’ensemble Concerto de’ Cavalieri, diretto da Marcello Di Lisa, ha risposto con nitida diligenza alle sollecitazioni molteplici provenienti dalla partitura e ha saputo sprigionare un’affascinante varietà di tinte e di sfumature. Meritatissimi gli applausi con i quali il numeroso pubblico intervenuto ha salutato “Iole”, rinata a nuova vita.